In un approccio tradizionale di assunzione, l’attività di screening dei candidati viene solitamente effettuata cercando parole chiave all’interno del curriculum vitae. Questo negli ultimi anni è stato il principale passaggio per verificare se il candidato è adatto al ruolo, utilizzando l'istruzione, il titolo di studio di un candidato o il percorso lavorativo come indicatore del talento. Tuttavia, questo approccio può essere fuorviante. Ecco perché si sta parlando sempre di più in ambito HR e in particolare per le attività di Talent Acquisition di approccio "skills-first" o "skills-centrico". Vediamo perché.
Ci sono diversi motivi alla base dell'inesattezza della ricerca di parole chiave nei CV dei candidati. In primo luogo, i curriculum sono sempre meno predittori delle competenze perché molti candidati possono gonfiare la loro esperienza o mentire. In secondo luogo, un titolo di studio non indica necessariamente che un candidato è in grado di ottenere buoni risultati. Le sue qualifiche potrebbero infatti non rispecchiare le sue reali capacità una volta inserito nel contesto lavorativo.
Al tempo stesso valutare un candidato solamente sulla base del curriculum rischia di eliminare dal processo di selezione candidati potenzialmente validi, ma che non possiedono un percorso accademico o professionale "lineare" secondo gli standard dell'azienda. Insomma, il CV rimane un valido strumento per inquadrare il profilo del candidato in una primissima fase del processo di selezione, ma da solo non è un filtro sufficiente per far comprendere al professionista HR chi si trova davvero davanti.
>> LEGGI ANCHE: LA SFIDA DEL CV: VALUTARE LE COMPETENZE DEI CANDIDATI IN FASE PRE-SELETTIVA
Ecco allora che entra in gioco l’approccio "skills-first" (o “skills-centrico”) al talent management. Questo approccio enfatizza e valorizza le competenze di una persona al posto dei suoi titoli di studio e del suo percorso lavorativo. Secondo uno studio di Deloitte sui lavori del futuro e sull'approccio skills-first, possiamo utilizzare il termine “competenze” per indicare sia le competenze tecniche (hard skill) come la programmazione, l’analisi di dati o la contabilità, sia le competenze trasversali o “umane” come il pensiero critico e l’intelligenza emotiva. In questa definizione inseriamo poi anche il cosiddetto potenziale (parola con la quale possiamo intendere una serie di abilità, qualità latenti e competenze collaterali di un individuo che potrebbero essere sviluppate in futuro e portare a buone performance nella quotidianità lavorativa). Parliamo dunque di tutte quelle skill che una persona acquisisce sia con lo studio sia con l'esperienza.
Scegliere un approccio skills-first o skills-centrico per le attività di assunzione significa implementare una strategia che metta al primo posto le competenze dei candidati. Ciò implica:
>> LEGGI ANCHE: AI E INNOVAZIONE DEI PROCESSI DI SELEZIONE: A CHE PUNTO SIAMO?
Mettere al primo posto le competenze porta con sé diversi vantaggi, dall'efficientamento del processo e dalla riduzione delle tempistiche per arrivare fino alla diminuzione del numero di “cattive assunzioni”. Non possiamo poi dimenticare l’aumento dei candidati per ogni posizione, che a sua volta incrementa la possibilità di assumere profili in linea con le esigenze aziendali. I vantaggi però non si limitano al solo processo di assunzione in azienda, ma diverse ricerche dimostrano come l’approccio skills-first permetta di rispondere a temi importanti come Diversity, equity & inclusion (DEI) e a instaurare collaborazioni più lunghe e solide con i dipendenti, generando un impatto positivo su performance, cultura aziendale ed employer branding.