Ormai il mercato dell’AI ha iniziato la sua inarrestabile crescita anche nei processi HR, con un trend del +32% nel 2022 rispetto al 2021. Secondo l’Osservatorio Artificial Intelligence 2023 della School of Management del Politecnico di Milano, però, il divario tra le grandi e le piccole aziende nell'adozione di queste tecnologie è ancora importante. Il 61% tra le grandi aziende afferma infatti di aver già avviato almeno un progetto legato a tecnologie di AI, mentre tra le PMI appena il 6% è riuscito a farlo.
Al tempo stesso numerosi studi e sondaggi dimostrano che questa spinta all'innovazione non è solo auspicabile, ma anche necessaria per supportare le attività dei professionisti HR. Il 96% dei senior HR recruiter crede che l’AI possa supportare l’acquisizione e la retention di nuovi talenti (HR Summit), mentre il 92% degli HR manager programma di utilizzare tecnologie di AI in almeno un’area del proprio lavoro entro i prossimi 12-18 mesi (Eightfold AI 2022 Talent Survey).
Nonostante i numeri incoraggianti ci sono ancora diverse barriere nell’adozione ed utilizzo di strumenti software AI. Si pensi al tema della privacy oppure al giudizio riguardo all’AI e alla sua capacità di prendere decisioni migliori rispetto agli esseri umani. Non dimentichiamo poi la convinzione spesso diffusa che gli algoritmi di AI possano, per loro natura, portare dentro di sé una serie di bias. Questo è realmente accaduto in casi di sperimentazione di tecnologie di AI come quelli del chatbot Tay di Microsoft, di Amazon Rekognition e di Google Foto. A tutto questo poi si aggiunge la mancanza di integrazioni tra i vari software di AI sul mercato e i sistemi di ATS e HCM già presenti nelle aziende.
Tutti questi aspetti devono essere oltrepassati per consentire l'utilizzo di strumenti di AI anche nel mondo HR. Questo è uno step fondamentale per efficientare ed aumentare la qualità dei processi in un settore che storicamente fa fatica ad adeguarsi rapidamente all'innovazione. Per quanto i pregiudizi o i dubbi dei professionisti HR riguardo all'AI possano nascere da reali problematiche esistite in passato, è importante guardare al presente. Oggi è possibile scegliere tecnologie AI sicure e affidabili, se si è in grado di saper riconoscere le caratteristiche che le rendono tali.
All’origine dei principali problemi legati alla percezione dell'AI vi è il training dell’AI e il training data set. Quest'ultimo, in gergo tecnico, è l’elenco di esempi pratici sul quale si costruisce una base di conoscenza o un algoritmo decisionale nel machine learning. La qualità ed eterogeneità dell’insieme di dati che compongono il training data set sul quale "addestrare" l'AI nel mondo HR devono, ancor di più che in altri settori, rispondere a temi importanti come inclusione e diversità. Questa è la chiave per poter costruire una tecnologia sicura, oggettiva e affidabile.
Per affrontare le sfide del futuro del settore HR, l’AI può essere un alleato formidabile. Permette infatti di snellire i processi, dando velocità - molto importante nel mondo HR oggi - senza però perdere di qualità. L’interrogativo a cui rispondere a questo punto è: qual è il giusto rapporto tra AI e HR manager?
Per rimanere in tema, ho provato a chiederlo direttamente a Dall-E, l’algoritmo di AI capace di generare immagini sviluppato da Open AI. Ecco come ci ha risposto:
Negli occhi della macchina, l’AI non è una sostituzione della figura dell’HR, ma un potenziamento dell'operato umano. Questa rappresentazione indica perfettamente come la tecnologia abbia l'enorme vantaggio di poter elaborare un numero maggiore di dati in meno tempo, portando un incremento del fattore qualitativo nelle scelte e azioni dell'essere umano. Ecco il futuro che gli HR si trovano tra le dita: sfruttare le potenzialità degli algoritmi, ma con una sola prerogativa: Stay Human.